Maria Candida Ghidini
«L’arte è sempre e senza tregua dominata da due cose. Essa riflette instancabilmente sulla morte e crea così, instancabilmente, la vita. La grande, la vera arte è quella che si chiama Apocalisse di san Giovanni e quella che vi aggiunge qualcosa». Questo interrogativo sull’essenza dell’arte (e della vita) si presenta a Jurij Živago durante la celebrazione di un rito funebre. E tutto il romanzo, in sostanza, realizza questo compito: la sua base strutturale è costituita dal rito funebre ortodosso, la panichida. Pasternak, lavorando al romanzo, sembra adempiere in solitudine a un compito storico: offre un sacrificio alla memoria della Russia devastata, suffraga tutti coloro che sono stati uccisi, torturati, dimenticati e privati di un funerale. Con la sua prosa di poeta lo scrittore si immerge nella Storia, ne assorbe tutta la tragicità, e ne emerge modulando un canto alla Vita e alla persona.