Francesca Rigotti
Il mito fondativo, di una città, di un popolo, di una istituzione, è collocato, prima del resto della sua storia, per avere impatto sull’identità collettiva. Il mito delle origini offre l’idea della purezza e della originalità, simile a quella dell’acqua di fonte. Come se gli abitanti di un paese, il suo “popolo”, fossero nati tutti insieme, tutti nello stesso momento, tutti con le stesse caratteristiche di aspetto e di lingua. Le cose andarono ben diversamente e le persone non nacquero dalla terra come pietre o alberi, ma arrivarono da qualche parte e in qualche parte si ritrovarono e si misero insieme. Il mito serve invece a separare i “noi”, i “nostri”, dai “voi”; serve a tracciare il solco tra “amico” e “nemico”. Oltre a ciò il fondare è cosa da uomini, diamine! Eppure, nel mito, Cartagine viene fondata da una donna, Didone; Babilonia da Semiramide, e anche all’origine di Mantova c’è una donna, Manto. Tutte nell’Inferno dantesco però, come se avessero violato un rito inviolabile.