Giorgio Arfaras
Oggi va in scena una contrapposizione profonda: quella fra il popolo dei cittadini e il popolo dei creditori – Staatvolke Marktvolk, in linguaggio sofisticato. Il popolo dei cittadini è nazionale, quello dei creditori è internazionale; i creditori “votano” ogni giorno attraverso i mercati definendo il rischio del debito pubblico, i cittadini votano ogni cinque anni definendo le forze al governo. I primi sono interessati ai servizi dello Stato Sociale e non danno peso al meccanismo del loro finanziamento, i secondi sono interessati alla credibilità degli impegni finanziari dello stato e non danno peso alla legittimità politica necessaria per perseguire i propri intendimenti.
I due mondi sono reciprocamente sordi. Per il primo il secondo è composto da cosmopoliti amici dei migranti, per il secondo il primo è affetto da tribalismo. Questa contrapposizione spiega molte delle polemiche odierne. Chi afferma “rispondo agli italiani e non ai mercati”, oppure “la Banca d’Italia si presenti alle elezioni” pensa allo Staatvolk, chi teme che il rialzo del costo del debito possa avere un impatto negativo sulla tenuta dei conti pubblici, e quindi sulla propria ricchezza, pensa allo Marktvolk.
Tempo fa non esisteva un astio profondo come quello di oggi verso le classi dirigenti, secondo alcuni spiegabile con una politica economica che privilegia le attività e le rendite finanziarie (dunque, i benestanti) e taglia i servizi con l’austerità contabile, penalizzando il grosso della popolazione.
Da qui il senso di ingiustizia e il ressentiment all’origine del fenomeno “populista”.